Il corpo umano è reso proporzionato dalla struttura ossea e muscolare, ma reso armonico dalla giusta presenza di tessuto grasso, che deve essere “giusta” sia nel senso della quantità che della qualità. Infatti, l’eccesso di grasso rende l’idea di “simpatia” e talvolta di “salute”, ma non sempre rende omaggio alla bellezza.
Nei testi scientifici si legge che “il tessuto grasso rappresenta la vera officina energetica per tutto il corpo poiché è collegato all’attività ormonale ed alimentare” costituendo anche una delle principali riserve per i momenti di “carestia alimentare”, di malattia o per la gravidanza. Oggi però sappiamo che, nel contesto del connettivo che contiene le cellule adipose, stanno quelle cellule staminali mesenchimali adulte che partecipano al ricambio cellulare garantendo funzione e vitalità, per questo il terreno va tenuto sano, nutrito, ben ossigenato e ben pulito. Oltre a ciò il cosiddetto “tessuto adiposo”, è oggi ritenuto un vero e proprio organo endocrino, quindi “organo adiposo”.
Il grasso è utile, ma la cellula adiposa deve anche essere di buona qualità. Le cuoche sanno ben riconoscere la salute del “pollo” o del “coniglio” dal colore del fegato e del grasso. E’ una grande verità, poiché il grasso può essere mantenuto sano per mezzo di una precisa alimentazione ed una giusta attività fisica. Quando il grasso è buono, serve anche per ringiovanire, poiché può essere prelevato dall’addome o dalle cosce, per mezzo di una piccola cannula, e reintrodotto con un piccolo strumento dei tessuti in modo da rendere una nuova giovinezza al volto ed alle mani. (Lipofilling o LAG-lipofilling antigravitazionale quando è associato a fili di sostegno)
In questo caso potrebbe essere lecito dire: “Grasso è bello”, che è certamente un luogo comune troppo spesso utilizzato per tentare di “rallegrare” qualcuno sofferente per il suo sovrappeso.
L’osservazione attenta delle opere d’arte che descrivono minuziosamente le trasformazioni della società, permette di percepire l’importanza del tessuto adiposo, non solo come tessuto fisiologicamente attivo e necessario alla vita umana, ma anche come rappresentazione dell’immagine dell’individuo inserito in una società sempre in evoluzione.
E’ proprio lo studio delle scienze umanistiche che avvicina alla comprensione della reale dialettica che esiste fra “avere un corpo” ed “essere un corpo”, due mondi vicini e lontani, unici e divisi di cui la cute è la prima manifestazione esteriore.
A questo proposito ci ha interessato uno scritto del prof. Domenico Secondulfo, docente di Sociologia dei Consumi all’Università di Parma, dove così dice: “Potremmo dire che la pelle è il primo ed il più essenziale dei vestiti dell’uomo, ma con l’aumento della complessità sociale, e con il dinamismo della divisione del lavoro e dei ruoli sociali, che accompagna molto presto lo sviluppo della società umana, la pelle diviene ben presto uno strumento troppo rigido, e limitato, ed una seconda pelle, meno rigida e più mutevole, l’abbigliamento, prende presto il suo posto.”
Effettivamente il tessuto cutaneo, la sua cura e la sua valorizzazione con l’abbigliamento, hanno caratterizzato una società, così come lo ha fatto il tessuto grasso che si è sostituito, nel tempo, alla voce della pelle.
“Con il venire meno della funzione comunicativa e simbolica della pelle, il corpo smette di comunicare attraverso la sua superficie, ed inizia a comunicare sempre di più attraverso la sua massa, attraverso la sua forma. – continua il prof. Secondulfo – A livello etologico, il volume occupato dal corpo è un simbolo universale di forza ed aggressività, come ben sanno tutti quegli animali che, se in pericolo, gonfiano il corpo o lo pongono di traverso per fargli occupare uno spazio ed un volume maggiore. Benché questo sia valido anche tra gli uomini, nelle società umane il volume del corpo assume soprattutto un significato legato alla differenza sociale di ricchezza e potere. In società in cui la fame restava un problema di fondo, essere grandi, essere grassi, era un segno chiaro di accesso privilegiato alle risorse comuni, quindi di potere e ricchezza. Secondo i semiologi, noi umani ragioniamo per opposizioni, per cui in una società in cui il cibo è scarso, l’opposizione grasso – magro, equivaleva all’opposizione ricco – povero, con tutti i significati di sopraffazione, violenza e privilegio che a questa opposizione possono essere collegati. Questo è stato vero in occidente sino a pochi decenni fa, ed è ancora vero in molte parti del mondo.”
E nella moderna società il tessuto adiposo ha preso il possesso dell’idea e della realtà sociale, cambiando l’immagine dell’individuo. ”In un mondo dove finalmente tutti hanno da mangiare, diventa segno di distinzione saperne fare a meno, o poter controllare il desiderio, mentre è negativo non saperlo fare. – si legge nella visione di Secondulfo –
Certamente, se una volta si poteva dire “grasso è bello”, nella moderna società impera il “grasso è brutto”, ma il volume adiposo non finisce per dimostrare la sua forza economica ed il suo potere, pur nella convinzione che il corpo in equilibrio significa forza di volontà, conoscenza e sacrificio, mentre l’eccesso adiposo porta alla dimostrazione di scarsa volontà e disciplina.
In ogni caso, a parte gli studi sociologici, la lotta all’obesità acquista una valenza reale ai fini della salute dell’individuo. E’ un paradosso della nostra società dei consumi, dove, fra “il dire ed il fare”, questa volta c’è di mezzo “la buona tavola e la sedentarietà”.
Prof. Pier Antonio Bacci
Grazie professore, convengo con lei su quel che socialmente possa rappresentare “il grasso” o “il magro” secondo i canoni sociali delle diverse epoche storiche. . Penso anche che ognuno debba avere una propria armonia corporea e che purtroppo l”epoca delle immagini , la nostra” ci abbia portato a modelli di riferimento ai quali adeguarci, ma che non corrispondono allo stile e alla personalità di ciascuno. Questo vale soprattutto per i giovani.